Tutto iniziò con un’apparizione
Naturalmente mai titolo fu più ironico ma nello stesso tempo reale di questo… “un’apparizione”. Una mattina calda d’estate, esattamente nel 2003 tra Luglio e Agosto come di consuetudine scendevo di casa con la mia “Fausto Coppi” (bici da corsa) per raggiungere Giuseppe De Santis e cosi intraprendere i nostri allenamenti ciclistici. Era un anno felice, avevo iniziato da appena 10 mesi a pedalare, ma il 29 Giugno ad Orria la tenacia mi premiò e mi regalai, con tanto sacrificio, la maglia di campione italiano della montagna della categoria allievi. L’umore era elevato, la mattina calda come piaceva a me mi faceva sentire bene e cosi decidemmo insieme al mio collega di numerose avventure di cambiare i soliti itinerari cilentani e recarci nell’alta irpinia. Da Bellizzi, deviammo per la statale 164 che conduce dapprima a Montecorvino Rovella e poi ad Acerno, una strada a me molto cara per il suo verde, per il suo panorama e per la sua “storia”. Una chiacchiera, un allungo, uno sguardo ai monti ed il pensiero sempre più vicino alla salita del Laceno descrittami come un vero e proprio ostacolo data la mia giovane età ciclistica. Niente mi faceva paura, fino ad allora avevo affrontato molte salite, andavo discretamente e i miei 64 Kg distribuiti allora in 180 cm mi permettevano di fare cose egregie. Arrivati ad Acerno, ci fermammo per riempire le borracce alla famosa fontana del chiosco, il sole sulla pelle era rigenerante, l’acqua di Acerno come sempre un toccasana…la mente gioiva col fisico. Da Acerno in direzione delle Croci iniziammo la discesa vero Bagnoli Irpino, una strada molto dissestata che percorremmo anche a velocità elevate non con pochi rischi. Il paesino ci sorrideva da alcuni tornanti, entrati nel centro però qualcosa stava cambiando, la strada si inerpicò per poi spianare , riscendere verso un tornante ed impennarsi definitivamente verso il lago. Le mie marce al primo metro risultarono subito inefficienti e cosi scalai di qualche dente la catena, subito mi lasciai alle spalle la compagnia e dai primi 50 metri costeggiando il campo di calcio del Caliendo mi resi conto che quel giorno nascondeva in se un’esperienza che non si sarebbe cancellata nel giro di un ricordo. La strada era dura, la mia muscolatura allenata da 10 mesi era forte ma pure sempre agile e non eccessivamente potenziata, andavo su spedito lo stesso ma naturalmente il mio contachilometri in questa prima avventura lacenese non superò mai i 13 km/h. Soffrivo ma nello stesso tempo il mio cuore che pulsava forte si riempiva di soddisfazione, dietro non c’era più nessuno e davanti a me si aprivano dietro i tornanti (per l’esattezza 5) i costoni scoscesi dei monti irpini e la vallata sottostante che terminava verso il Termino di Montella. Primo tornante, secondo, terzo… ed ecco che li ebbi un abbagglio, la fatica diventò immane, la strada saliva a più non posso e curvava nel quarto tornante dove con la faccia verso il basso dallo sforzo i miei occhi videro un’ombra strana di una statua. Non mi soffermai subito ma continuai a picchiare duro sui pedali finchè voltandomi a destra scorsi la statua della Vergine Maria che in quell’istante mi supportò fino allo spianare di quella curva infinita. Un’apparizione che ancora oggi ricordo e che da allora fece si che quel punto da noi appassionati si chiami il “Tornante della Madonna” (belvedere grande). Aventi al piccolo belvedere panoramico dove era situata la stauta un cartello commemorava lo scatto di Marco Pantani che nel 1998 tentò di vincere questa tappa conquistata però da Zulle sul circuito del Lago. Un altro tornante ancora ma poi la strada spiana verso una vallata e io posai la mia bici sul lato sinistro della strada, sedendomi sul bordo di una vasca di una splendida fontana marmorea. Una fontana che rappresentava un po il ritornello della giornata, giacchè dai primi Km di Bellizzi il Maresciallo (Giuseppe) mi diceva che avremmo assaggiato un’acqua ancora più buona e più fresca di quella di Controne.*
Aspettai una decina di minuti finchè non arrivarono su gli altri… nel frattempo assaporava quell’acqua spacca denti e mi guardavo intorno. Arrivato il resto della compagnia con Giuseppe e Giovanni, prendemmo le bici affrontammo un piccolo tratto di salita ancora e poi via verso l’altopiano. L’aria era frizzantina, gli alberi ci accompagnarono nella discesa verso il piano rinfrescandoci e al primo passo nel circuito del Lago mandire di mucche “ostacolavano” il nostro cammino. Era davvero un posto bizzarro, strano, magico e diverso dagli altri…pedalare in una pianura a 1100 metri era un qualcosa di indescrivibile, sembrava di essere i padroni della montagna, sembrava di vivere li dove ogni amante della natura e dello sporto sogna di vivere. La gioia di questa esperienza ci portò a non considerare il tempo e girammo addirittura ben 7 volte intorno a quel circuito di 5,5 km prima di tornare giù verso Bellizzi, ma nel frattempo ci fermammo di nuovo a riempire le borracce all’ombra di un albero sul viale parallelo alla strada per Lioni. Un vitellino ci guardava incuriosito, la luce degli alberi filtrava dalle foglie e il sole cosi non creava problemi. L‘altopiano secco di calura trasmetteva un brivido strano… era solo l’inizio di quel percorso e di quel “sentiero ideale” che mi avrebbe accompagnato nel corso degli anni in quei posti.
* La tradizione ciclistica del nostro gruppo era molto legata alle fontane, infatti puntualmente ogni giro era caratterizzato da una fonte d’acqua. Fino allora, prima del giro del Laceno il primato era della fontana situata sotto Controne ai piedi degli Alburni Naturalmente mai titolo fu più ironico ma nello stesso tempo reale di questo: “un’apparizione“.
Angelo Mattia Rocco