La storia

CENNI STORICI SULL’ALTOPIANO DEL LACENO di Luciano De Castris

Il ritrovamento in prossimità del lago di Laceno di resti di manufatti di primitive comunità pastorizie, fa pensare che la presenza umana in questa zona sia databile intorno al II millennio A.C.
Erano probabilmente mandriani di primitivi popoli italici, forse di aree pugliesi o appulo-lucane che durante i mesi estivi per sfuggire alla calura delle loro zone, seguendo il percorso del fiume Ofanto, avevano scoperto questo altopiano ricco di acqua e di pascoli. Queste presenze precedettero di molti secoli la colonizzazione dell’Alta Irpinia da parte delle primitive tribù sannite, che come si sa, iniziarono il popolamento di questa zona della nostra provincia, a seguito del quale sorsero molti comuni, come Bagnoli, Nusco, Montella.
Col passare dei secoli, e soprattutto con il radicarsi delle comunità umane sul territorio, il fenomeno della transumanza del bestiame diventò costante e fu anche reciproco con i territori pugliesi e di Terra di Lavoro, i mandriani d’estate erano sul Laceno e nei mesi invernali trasferivano in Puglia il loro bestiame, dal 1320 circa in base a dei patti di reciprocità e comunione dei pascoli che interessarono ben 84 comuni, fu abolita la tassa per il transito del bestiame, questi patti durarono fino agli inizi del 1700. E così la transumanza diventò ancora di più il volano anche di scambi economici per il comune di Bagnoli, che non viveva solo di pastorizia ed agricoltura, ma aveva anche floride industrie e rinomati artigiani, di ciò resta testimonianza nella presenza in alcune aree pugliesi come la Capitanata di numerose famiglie di origine bagnolese.
All’inizio del XII secolo, all’incirca verso il 1120-25 al Laceno furono ospiti San Guglielmo da Vercelli, fondatore dell’Abbazia di Montevergine e del Goleto, e San Giovanni da Matera. I due sant’uomini vissero da eremiti nei pressi del piccolo lago, riparandosi d’inverno in una grotta sotto il poggio. Sul poggio nel 1882 venne edificata una cappellina intitolata al Salvatore che il sindaco dell’epoca, il famoso pittore Michele Lenzi, ingrandì aggiungendovi un rifugio.
Tra il 1200 ed il 1445 il Laceno come tutto il territorio bagnolese fu dominato da una serie lunghissima di feudatari tra questi ricordiamo le famiglie dei d’Aquino e quella dei de Iamvilla. Nel 1445 Bagnoli fu aggregato alla contea di Montella e passò sotto il dominio dei Cavaniglia, famiglia di origine spagnola.
Nel 1499 il Laceno fu visitato da numerosi uomini di cultura, che ospiti a Bagnoli del conte Troiano I° Cavaniglia, approfittarono per visitare quei luoghi ameni che secondo la leggenda ispirarono alcune delle loro opere, ricordiamo tra i tanti : Jacopo Sannazzaro, Fabio Colonna ed il pittore Andrea da Salerno.
Dal 1583, finita la famiglia Cavaniglia, il dominio sul territorio bagnolese fu di diversi feudatari, tra questi citiamo la famiglia Mayorga per buona parte del ‘600 e la famiglia Strozzi che ebbe con Ferdinando II l’ultimo feudatario, vista la soppressione della feudalità nel 1806.
Tra il 1759 ed il 1761 il Laceno fu al centro di lunghe trattative tra il feudatario che dominava, il Duca Filippo Strozzi e l’Amministrazione Comunale rappresentata dal Sindaco Tommaso Iuppa. L’amministrazione grazie alla mediazione del Sacerdote D. Giambattista Trillo riuscì ad avere la concessione in perpetuo dello Ius di Fida e Diffida degli animali forestieri. Grazie a questa convenzione il Comune potè creare la Difesa del piano Laceno, che servì ad incrementare le rendite del Comune che poteva esigere a suo favore un corrispettivo per il pascolo. La creazione della Difesa in data 11 luglio 1761 segnò la data in cui il Comune affrancò il proprio Demanio da ogni vincolo feudale e cominciò a sfruttarlo nel miglior modo possibile per ricavare utile e beneficio sia per i cittadini, che per l’aumento delle rendite dell’amministrazione Municipale. L’industria armentizia e la coltura delle terre demaniali s’intensificò maggiormente, dopo la costituzione della Difesa, ed a questo scopo si cercò di prosciugare il Piano Laceno, le cui acque piovane dell’inverno e quelle delle sorgenti Tornola e Vreccelle diffondevano liberamente, non avendo scolo e corso regolare, e formavano qua e là nelle pianure delle pozze, che non solo ingombravano il terreno, ma producevano dei miasmi palustri. La data del 1773 segna la nascita del Lago Laceno che conosciamo, infatti in quell’anno l’Amministrazione Comunale pensò di incanalare tutte le acque, nel punto dove potevano sboccare per mezzo di un cunicolo sotterraneo naturale attraverso i monti nel sottostante Burrone denominato Caliento, ed il sito dove le acque furono dirette, a quei tempi si chiamava Acqua a funno, dove ora giace il Laghetto Laceno. Così il piano fu prosciugato, scomparvero le paludi, crebbe più alta l’erba ed aumentarono i pascoli, e si ottennero nuovi territori per la coltura. Nel laghetto formato dall’incanalamento delle acque, fu immesso del pesce, in particolare la Tinca, che in breve prolificò tanto da doversi pescare con le reti, ed in tal modo i bagnolesi durante i mesi estivi potettero gustare pesce fresco e far fruttare un buon reddito dal Lago.
Di notevole rilevanza storica sul Laceno, fu il fenomeno del brigantaggio, l’asperità dei luoghi costituiva luogo di riparo sicuro da cui i briganti partivano per le scorribande nelle aree limitrofe sia dell’avellinese che del salernitano. Questa piaga fu debellata dopo l’unità d’Italia con l’impiego della Guardia Nazionale, ma restano tracce della presenza dei briganti attraverso nomi di località dove essi si rifugiarono o tragicamente perirono. I montellesi Ferrigno, Pico e Carbone ed il feroce Salvatore Ziviello detto Scopa sono legati alla Grotta dei Briganti ove trovavano rifugio, questa grotta nei pressi del monte Piscacca oggi è quasi sommersa dalla vegetazione. Cicco Cianci famosissimo capobanda montellese, fu catturato sul Laceno, le diverse ricostruzioni storiche, che indicano luoghi diversi per la sua cattura legando il suo nome al vallone Cianci del Monte Calvello o alla grotta di Ciccucianci, che dovrebbe essere quella del Caliendo, convergono invece sulla sua fine, a Montella, appeso a testa in giù. La Grotta di Strazzatrippa ricorda invece il famoso brigante acernese, meno noto di quel Gaetano Manzo brigante di Acerno, la cui presenza sul Cervialto e dintorni durò alcuni mesi durante e dopo il sequestro Mancusi del 1872.
Nell’agosto del 1835 il Laceno fu visitato da un personaggio illustre, il poeta arianese Pier Paolo Parzanese, che subisce delle forti emozioni a contatto di questi bellissimi luoghi, e nel suo “ Un viaggio attraverso l’Irpinia” così descrive l’altopiano del Laceno ……… ci venne veduto tra le cime di questi altissimi monti una vastissima pianura, che più di un miglio e mezzo avanza di lunghezza, e larga meglio, appare che cinquecento passi; meravigliosa per certo, ove si considera la sua posizione sul dosso degli Appennini, e le varie delizie che alla vista va rappresentando. Tutte infatti le delizie de’ giardini inglesi, descritteci da Ippolito Pindemonte, pare che lassù si trovino unite dalla natura in modo bellissimo e singolare…, ed il Lago ……… quello però che mette il compimento a tante campestri bellezze si è il vedere il chiarissimo lago, che all’occidentale estremità della pianura, si fa specchio delle prossime colline, e di un cielo puto come il zaffiro orientale. In esso tanti spettacolo diversi si rappresentano, per quanti sono al variar del giorno i cangiamenti della luce………
Un altro ospite importante del Laceno è nel 1878 il giovane meridionalista lucano Giustino Fortunato, che nella sua pubblicazione Il Partenio ed il Terminio, descrive la visita fatta il 31 luglio in compagnia del sindaco Michele Lenzi e di un suo cognato, l’intagliatore Erminio Trillo. Qualche anno più tardi, nel 1881, sarà proprio l’ex garibaldino e già citato sindaco Lenzi a realizzare la strada carrabile tra Bagnoli e Lago Laceno, l’impervio sentiero viene sostituito da quest’opera fondamentale per la valorizzazione della località. Fu lo stesso Lenzi a realizzare sul Laceno, il già citato Rifugio San Salvatore e nel 1885 il Casone, un grosso edificio su di una collinetta dell’altopiano, ove i vaccari potevano produrre i latticini in forma associata. La costruzione della strada e del Rifugio, faciliteranno la frequenza del Laceno da parte degli amanti della montagna. Il rifugio fu utlizzato frequentemente dai soci del CAI napoletano per le escursioni al Cervialto ed al Rajamagra.
Agli inizi del nuovo secolo, durante l’amministrazione del sindaco Alfonso Sanduzzi, il Parlamento italiano decide la costruzione dell’acquedotto pugliese, tra i vari comuni interessati c’è Bagnoli Irpino, il cui territorio fu quasi totalmente inglobato nel “Bacino Imbrifero delle Sorgenti del Sele”. A seguito di questa perimetrazione e per la protezione delle sorgenti stesse, iniziarono sul Laceno importanti opere di rimboschimento dirette dal Corpo Forestale a cui si devono le bellissime pinete e le vaste superficie montane di cui oggi si può godere. In questo periodo iniziò anche un più intenso sfruttamento dei boschi del comune, dopo che il professore Di Tella, coadiuvato dall’altro luminare delle scienze agrarie e forestali Alessandro Trotter, aveva redatto un Piano di assestamento dei boschi e dei pascoli del comune di Bagnoli Irpino. Le opere di rimboschimento ed idraulica forestale verranno sospese all’inizio del secondo conflitto mondiale per riprendere negli anni ’50, è del 1959 la pubblicazione del Piano di assestamento dei boschi del comune di Bagnoli Irpino per il decennio 1959-1968, dell’ing. Generoso Patrone, professore emerito all’università di Firenze ed uno dei maggiori esponenti delle scienze forestali in Italia, era natio di Bagnoli Irpino ed a lui fu intitolata la caserma della forestale che era stata costruita agli inizi del’900, nello stesso periodo in cui nacque il vivaio forestale Tronola. L’intenso sfruttamento boschivo richiedette la costruzione sul Laceno di una ferrovia a scartamento ridotto che trasportava il legname dalla località Cupone alla contrada Santa Maria ove era stata creata una teleferica che collegava il Laceno allo scalo ferroviario di Bagnoli sulla ferrovia Avellino-Rocchetta attiva dal 1895.
L’altopiano Laceno fu per circa 40 anni meta ambita dell’Esercito Italiano per campi estivi e manovre militari. Le Grandi Manovre del 1936 restano famose. Nel 1932 il Principe ereditario S.A.R. Umberto II di Savoia, l’ultimo Re d’Italia, soggiornò al Laceno nella Baita del vivaio Forestale che fu poi a lui intitolata, da foto dell’epoca, risulta al suo seguito anche il Principe ereditario del Giappone.
Il primo a pensare allo sviluppo turistico del Laceno fu il sindaco Luigi Gatta che nel 1926 decise la concessione gratuita di terreni a chi voleva costruire villette o alberghi e provvide a far stampare l’opuscoletto Laceno gemma dell’Irpinia , frutto della penna del celebre giornalista Alfonso Carpentieri. Fu l’amministrazione di Tommaso Aulisa che nel 1953 riprese l’iniziativa della concessione gratuita dei suoli, che diede vita alla costruzione del Villaggio Alpino del Laceno, che fu inaugurato il 6 settembre 1959. Questa data coincise anche con la prima edizione del Laceno D’Oro, festival cinematografico voluto da Camillo Marino e dal sindaco Aulisa che con grande lucidità scelse di investire sul binomio cultura-turismo per avviare una prospettiva di sviluppo in questo entroterra dell’appennino meridionale. Il festival rimase al Laceno fino al 1965, per scelte sciagurate dell’Amministrazione dovette abbandonare la montagna e scendere al capoluogo dove scomparve con l’ultima edizione del 1988.
Fino al 1970 il Laceno fu una modesta stazione turistica estiva, ma nel 1970 con la costruzione degli impianti di risalita e la realizzazione delle piste da sci da parte dell’Ing. Giannoni, diventò anche una discreta stazione di sport invernali, ed iniziò una crescita lenta ma costante con anni di splendore. Fino al 1980 possiamo parlare di sviluppo del Laceno, alla data del 23 novembre 1980 c’erano 5 alberghi per 600 posti letto, 130 villette con ricettività privata di 900 posti, 250 miniappartamenti, 8 ristoranti, 8 bar, 2 negozi di alimentari. La nostra storia si ferma al giorno del terremoto che tanti danni creò, e non solo strutturali, basti pensare solo alla scomparsa di numerose sorgenti, ed a differenza di tante altre zone della provincia, il Laceno non ha saputo e forse voluto utilizzare il terremoto come volano di ripresa.
L’idea di Tommaso Aulisa, l’ultimo grande amministratore di Bagnoli, ……… il Turismo è l’ultima speranza di salvezza per il nostro territorio, capace di contenere l’esodo ed alimentare le speranze………., credo che oggi sia quantomemo attuale e viatico per la ripresa turistica dell’unica stazione invernale della Campania.

BIBLIOGRAFIA :
Sanduzzi, Memorie storiche di Bagnoli Irpino, 1923; ristampato a cura del Comune di Bagnoli Irpino, Montella,
Dragonetti, 1975
T. Aulisa, Irpinia-Laceno guida storico turistica di Bagnoli Irpino, 1991 Valsele tipografica Materdomini
T. Aulisa, Bibliografia Storica di Bagnoli Irpino, 1994 Edizioni Valsele tipografica Materdomini
T. Aulisa, Bagnoli Irpino antico e moderno attraverso le immagini, Edizioni Valsele tipografica Materdomini
Festa-Iandolo-Speranza, Fotogrammi. Gli anni del Laceno d’Oro:1959-1988, Edizioni del Centro Dorso Avellino, 1999 Edizioni Sellino e Barra.
T. Aulisa, Bagnoli Irpino dopo il terremoto del 23 novembre 1980, Tipografia Irpina Lioni 1982
T. Aulisa, Bagnoli Irpino – Turismo : dopo i danni del terremoto programmarlo e rilanciarlo prima che sia troppo tardi. Edizioni Valsele tipografica Materdomini
F. Lo Parco, Un viaggio attraverso l’Irpinia di P.P. Parzanese nell’agosto del 1835, Tipografia Pergola Avellino 1932
G. Patrone, Piano di assestamento dei boschi del comune di Bagnoli Irpino, Tip. Coppini – Firenze 1959
A. Carpentieri , Laceno – Gemma dell’Irpinia, Tipografia Pergola Avellino 1922
G. Fortunato, Il Partenio e il Terminio, Tipografia Tulimiero Avellino 1881
T. Chieffo, Comune di Bagnoli Irpino – Programma di interventi per lo sviluppo turistico del Laceno, Eliografia Iannone Avellino 1976.

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